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Il piacere dolceamaro

L’industria dello zucchero: Northeim, Nörten-Hardenberg, Obernjesa

Quello che un tempo era un lusso, all’inizio del XX Secolo era diventato uno degli alimenti di base: lo zucchero poteva essere utilizzato come conservante e garantiva alla popolazione lavoratrice un ulteriore apporto di calorie – con un sapore speciale.

A questo sapore la popolazione tedesca non fu costretta a rinunciare neppure durante la Seconda Guerra Mondiale. Il dolce piacere dello zucchero aiutò a tenere viva l’illusione che la vita quotidiana continuasse nella sua normalità. Assicurare la produzione dello zucchero rientrava dunque a pieno titolo nella politica bellica nazionalsocialista. Al contempo il consumo di zucchero dava ai tedeschi la sensazione di appartenere ad un popolo privilegiato.

Da settembre a novembre i contadini, con l’aiuto dei lavoratori coatti, raccoglievano le barbabietole da zucchero. Non erano soltanto le barbabietole a passare dal campo allo zuccherificio: lo stesso destino toccava a quelli che le avevano raccolte. Contemporaneamente si organizzarono deportazioni di civili dall’Europa dell’Est direttamente agli zuccherifici; anche prigionieri di guerra polacchi, francesi, sovietici e Internati Militari Italiani furono portati lì. In questo modo ogni anno i fabbricanti di zucchero di Northeim, Nörten-Hardenberg e Obemjesa vedevano colmato il loro fabbisogno stagionale di manodopera per la “battaglia dello zucchero” in corso.

Quando Bronisława Haluch, nell’ottobre del 1942, giunse dalla Polonia nello zuccherificio di Obernjesa, le barbabietole scarseggiavano. Per una settimana le ragazze polacche furono costrette a recarsi sui campi di mattina presto, intorno alle 7:00: „Dovevamo tenere ferme le foglie mentre dissotterravamo le barbabietole. Ogni volta che toccavo le foglie, sentivo che erano ghiacciate; ogni volta che le toccavo, piangevo. Faceva così freddo e io ero a piedi nudi. Dicevo, ‚Oh Signore, che cosa ci fanno?’“

Il turno di lavoro durava dodici ore ed era sfiancante. Un gruppo di lavoratori coatti scaricava le barbabietole a mano da grossi furgoni, un altro le lavava e le tagliava in piccoli pezzi; questi andavano poi a riempire grandi contenitori cilindrici dove venivano immersi nell’acqua calda finché non tiravano fuori un succo marrone-scuro. Questo succo passava attraverso diversi processi di lavorazione, al termine dei quali si otteneva lo zucchero grezzo, che veniva poi raffinato in zucchero bianco. Così anche in tempo di guerra si poté continuare a fare dolci, a produrre caramelle per la Wehrmacht e a bere caffè e the zuccherati.

Questo lavoro, faticoso e “sporco” non era amato dalla popolazione locale; i lavoratori coatti, al contrario, non potevano rifiutarlo. La quindicenne Bronisława spingeva per dodici ore al giorno carriole piene di carbone nel grande forno. Quando non fu più in grado di svolgere questa mansione le fu assegnato un lavoro più leggero: trasportare i pesanti sacchi di zucchero (50 Kg) nel magazzino.

I lavori peggiori, racconta Bronisława, venivano affidati ai prigionieri di guerra sovietici.  Uno di loro era costretto a indossare una cappa di gomma perché, mentre lavorava, in continuazione gli colava sul corpo dello sciroppo colloso e maleodorante. Quest’uomo, tuttavia, “cantava le più belle canzoni russe. Era un posto orribile; a nessun altro, credo, avrebbero affidato questo lavoro, se non a un prigioniero di guerra russo.”


Fonte:
sconosciuto


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sconosciuto


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sconosciuto


Fonte:
Lisa Grow, Gottinga


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Lisa Grow, Gottinga